Come si fa il Provolone Valpadana D.O.P.

Le fasi della lavorazione del Provolone Valpadana D.O.P., tra tradizione e tecnologia

Tecnica di produzione

La tecnologia di trasformazione del latte destinato alla produzione del formaggio Provolone Valpadana DOP è la classica lavorazione della “pasta filata”, basata su criteri fisici, chimici e batteriologici e si sviluppa in alcune fasi essenziali:

  1. preparazione del latte in caldaia
  2. aggiunta delle culture dei fermenti lattici e del caglio
  3. coagulazione
  4. fermentazione e taglio della pasta
  5. filatura
  6. modellatura, raffreddamento e rassodamento
  7. salatura
  8. legatura (ed eventuale affumicatura)
  9. stagionatura delle forme

Le fasi della lavorazione

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Preparazione del latte in caldaia

Il latte di vacca intero, ad acidità naturale e selezionato in conformità con le disposizioni previste dal disciplinare, in termini di provenienza geografica ed alimentazione delle lattifere, raccolto entro le 60 ore successive dalla prima mungitura, può essere trattato termicamente sino alla temperatura di pastorizzazione qualora sia destinato a produrre Provolone Valpadana DOP Dolce e alla tipologia Piccante fino a 6 kg di peso; mentre, per la tipologia Piccante oltre i 6 kg, il latte può essere, al massimo, termizzato.

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Aggiunta dei fermenti lattici e del caglio

La cultura dei fermenti lattici utilizzata in lavorazione è costituita da siero innesto naturale, ovvero dalla cultura microbica naturalmente selezionata in quel dato caseificio nel siero residuo della caseificazione del giorno precedente. Chiaramente, il siero innesto è uno dei capisaldi della trasformazione casearia del Provolone Valpadana DOP, in quanto sarà la idonea carica batterica a creare le condizioni affinché le altre fasi si susseguano in modo ottimale.

Prima di parlare della coagulazione del latte è importante parlare del caglio e delle sue tipologie, che poi caratterizzano il formaggio. Il caglio (o presame) è il complesso enzimatico che modifica la caseina del latte provocando la coagulazione del latte stesso. I cagli in uso nell’industria lattiero casearia sono diversi, ma per la produzione del formaggio Provolone Valpadana DOP ne sono autorizzate due tipologie:

  • il caglio di vitello in formulazione liquida (estratto dall’abomaso del vitello), contenente sostanzialmente due enzimi (chimosina e pepsina);
  • il caglio di agnello e/o capretto in formulazione pasta (abomasi di agnello e/o capretto, macinati ed impastati con sale) contenente diversi enzimi quali la chimosina, la pepsina, la lipasi e la complessa zimasi (intero corredo enzimatico) del quarto stomaco degli ovi-caprini, ancor oggi conosciuta solo parzialmente

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Coagulazione

Concettualmente, la coagulazione del latte (nella produzione di Provolone Valpadana DOP avviene intorno alla temperatura dei 36-39°C.), è il cambiamento di stato fisico del latte (dallo stato liquido a gel), ottenuto grazie all’azione del caglio sulla caseina dispersa nel latte.

In pratica, le micelle di caseina, anziché “galleggiare” nel latte, dopo l’azione del caglio si uniscono formando un reticolo tridimensionale che ingloba il grasso, una parte del siero ed i fermenti lattici, formando così una gelatina (paracaseinato bicalcico) chiamata comunemente cagliata.

In definitiva, il caglio liquido di vitello darà origine ad una cagliata idonea per la produzione del Provolone Valpadana DOP Dolce, mentre il caglio in pasta di agnello e/o capretto darà origine ad una cagliata idonea alla produzione del Provolone Valpadana DOP Piccante, in quanto le lipasi, unitamente al complesso sistema enzimatico presente, favorirà l’insorgere di quei complessi aromi che, insieme alle sensazioni trigeminali, caratterizzano l’unicità e la preziosità di questo formaggio.

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Fermentazione e taglio della pasta

Dopo la lavorazione del latte in caldaia, la cagliata è lasciata a riposo su idonee superfici, affinché possa fermentare ed acidificare al punto giusto e si creino le condizioni ideali per la filatura della pasta. Questa fermentazione altro non è che la continuazione del processo iniziato con l’aggiunta del siero innesto al latte e, quindi, al corretto sviluppo microbico durante le fasi di lavorazione e di maturazione della pasta, oggi, invece, questa fase viene monitorata con apposite apparecchiature. In passato, per vedere se la pasta era pronta per essere filata si procedeva per tentativi, immergendo un pezzo di pasta in acqua bollente, per verificare se si allungava a dovere, altrimenti si aspettava ancora e poi si riprovava. Da questa pratica, il nome di prova, provatura, provola, provolone. Raggiunto il punto della giusta maturazione la pasta viene tagliata e raffreddata per fermare la fermentazione e, successivamente, filata. 

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Filatura

Questa pratica tecnologica prende il nome dalla filatura della lana, nel senso che la pasta del formaggio è matura quando viene scaldata e, tirandola, si allunga in modo da formare fili lunghissimi.

Si pensi che solo 10 grammi di pasta, volendo, si possono allungare sino ad un metro.

La filatura avviene in acqua a temperatura elevata e, per secoli (in incognito), ha svolto la funzione di pastorizzazione ante litteram, prima cioè che il fondatore della moderna microbiologia, il prof. Louis Pasteur (1822-1895), facesse le sue scoperte.

In pratica la struttura della pasta da granulosa e discontinua diventa fibrosa, continua e plastica. Attualmente il processo di filatura può avvenire, artigianalmente a mano o, più comunemente, utilizzando filatrici continue in grado di assicurare un processo rispettoso degli usi leali e costanti tramandati dalla tradizione.

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Modellatura, raffreddamento e rassodamento

Dopo la filatura, la massa caseosa, ancora calda, viene modellata manualmente o mediante appositi stampi speciali, nelle forme e nelle pezzature programmate che, successivamente, vengono poste in acqua gelida corrente per favorire un veloce raffreddamento ed il conseguente rassodamento.

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Salatura

Terminato il raffreddamento ed il rassodamento, le forme passano alla fase di salatura in salamoia, dove permangono da poche ore sino a trenta giorni, a seconda della loro forma e peso.

Durante la salatura si verifica il processo di osmosi (scambio tra liquidi miscibili) che favorisce l’ingresso del sale e la fuoriuscita del siero.

Terminata la salatura le forme vengono asciugate e preparate per entrare nei magazzini di stagionatura.

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Legatura

La fase di preparazione alla stagionatura prevede la legatura con corde idonee al contatto con alimenti, secondo una tecnica tanto tradizionale quanto pratica ed efficiente. Il tipo di legatura con le “corde madri”, costituisce il tocco in più del casaro. Infatti, è sempre in rapporto alla forma ed al peso che sono previste le nicchie di passaggio delle corde di sostegno.

Le forme, opportunamente legate ed eventualmente affumicate, sono trattate in superfice secondo le indicazioni della vigente legislazione, al fine di preservare la stesse dagli attacchi di muffe ed acari. Prima della immissione in magazzino, per il previsto periodo di maturazione, viene apposta la coccarda, il marchio che identifica il solo formaggio DOP. Alla fine della stagionatura, le forme saranno poi etichettate e paraffinate per essere inviate alla distribuzione.

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Stagionatura

Proprio nei magazzini, grazie ai processi fisici, chimici e microbiologici della stagionatura, lasciamo le forme avvolte nella loro affascinante complessità, ricordando solo che è proprio la stagionatura a liberare tutte le naturali potenzialità sensoriali del Provolone Valpadana DOP.

In conclusione, una tecnologia semplice nei concetti quanto articolata negli effetti sul prodotto finito, che riflettono pienamente i valori della tradizione e dell’arte casearia, congiuntamente alla tipicità del prodotto ottenuto.

La garanzia di rintracciabilità di ogni forma di Provolone Valpadana DOP è ottenuta attraverso l’apposizione un codice aziendale univoco, numerico e/o alfanumerico, per la individuazione delle stesse forme fino al consumo.